I passi nella notte di Domizia Moramarco - Letteratura Alternativa

I passi nella notte di Domizia Moramarco

Tra fuggire e tornare, Lola aveva sempre preferito… restare. Nel mezzo si sentiva al sicuro. Sapeva che così non servivano spiegazioni. Restando, lasciava aperta la speranza di potere, un giorno, sia andare via che fare ritorno. Ma lei restava, e una sensazione avvolgente di sicurezza la cullava. Era sempre stata sicura che quello che la vita le aveva concesso era il posto migliore che potesse sperare. Il suo posto.

Eppure, c’erano momenti, durante la notte, in cui si svegliava e non sapeva più dove fosse. Al buio, mentre il silenzio assaliva la città, lei era cieca e sorda. Non sentiva più nulla e il posto così familiare le appariva estraneo. Brancolava, sospesa fra le ombre, alla ricerca di uno spiraglio proveniente dalle serrande sempre sollevate. Se c’era la luna piena, allora sospirava. Ma se capitava una di quelle notti in cui il cielo era freddo come ferro e scuro come petrolio, allora il fiato le veniva meno. Scendeva giù negli abissi delle sue paure sconosciute e un urlo soffocato le tagliava la gola a metà. Non c’erano fessure in quella prigione gelida di panico che le permettessero di intravedere confini familiari. Non angoli nei quali rifugiarsi, non spigoli contro i quali sentire dolore. Solo un lungo e infinito oscuro corridoio. In quelle notti, le capitava di piangere e il sapore salato delle lacrime le bruciava le guance, infuocandole di una straniante commozione. Eppure, lei di giorno era presente, era forte e afferrava la vita con mani sicure.
Di notte, calava il sipario delle tenebre che non sapeva abitassero le sue viscere. Di giorno si nascondeva, di notte usciva allo scoperto. Il regno delle ombre la chiamava a sé, proprio come se avesse una condanna ignota da scontare. Ma ogni volta lei si dichiarava innocente e, ogni volta, secondini invisibili la rinchiudevano senza darle spiegazioni. E quando poi, esausta, si riaddormentava, cadeva in un sonno senza sogni e al mattino sembrava aver scacciato i tormenti in un profondo oblio. Accadde una mattina che l’oscurità non andò più via. Quando sentì che la città si rianimava di rumori, Lola aprì gli occhi e non c’era la luce a illuminare la stanza. Fuori era un frastuono che aumentava di intensità, ma in casa il buio persisteva. Si calò prudente giù dal letto per dirigersi verso una delle finestre. Con entrambe le mani riuscì ad appoggiarsi alla parete che le divideva e prese a tastarla alla ricerca della tenda, che appena sfiorò, scostò con impeto. Il cielo era buio. Sentì le auto sfrecciare a fari spenti, e sembravano non scontrarsi. Aprì allora la finestra, e una gelida folata di vento autunnale le schiaffeggiò con violenza il viso.

L’odore delle montagne in lontananza le punse le narici e aspirò quel gelo come un sommozzatore appena riemerso dalle acque. Dalle strade salivano le voci dei passanti, che camminavano al buio senza inciampare. Lola provò a lanciare un urlo, ma non le uscì che un debole lamento. Un esercito di goccioline di sudore le imperlò la fronte fredda e un insolito tremolio le partì dalle gambe rigide fino a risalire su per la gola. Il respiro le si bloccò per alcuni istanti e credette di non farcela a sopravvivere, fino a quando una mano invisibile non la afferrò per le spalle e la lanciò giù dalla finestra. Solo allora, Lola riprese a respirare. Mentre calava giù, come una foglia appena staccatasi dal ramo, il suo corpo diventava leggero e il fiatone si calmava. Fu una discesa lieve e l’approdo morbido. Si ritrovò, scalza, sull’asfalto. Circondata dalle raffiche che le auto in corsa alzavano intorno a lei, incedeva sicura tra le ombre, ignara del pericolo a cui andava incontro. In realtà, si rese conto che non correva alcun pericolo. I suoi passi sapevano dove portarla e lei non si faceva domande. Provava a guardare i piedi che la conducevano. La conducevano laddove non sapeva di andare, senza vederli. Ma sapeva che loro avevano le risposte.
Lola quella buia mattina attraversò a piedi nudi tutta la città, fra i rumori della auto in corsa e il chiacchiericcio degli abitanti che le passavano accanto. Più avanzava lungo le vie, più il suo passo si faceva leggero. Come una esperta danzatrice si era issata sulle punte e, guidata da una musica lontana, ma familiare, era roteata su sè stessa una, due e più volte. Una sconosciuta spinta cinetica l’aveva trascinata verso la periferia, fino a quando non l’aveva improvvisamente adagiata nel bosco. Quando si era finalmente fermata, dividendo la fronte dalle ciocche aggrovigliatesi durante la danza incontrollata, aveva scoperto che finalmente si era fatto giorno. Ma Lola non ne fu felice. Lola a quel punto si voltò verso l’oscurità che aveva lasciato dietro di sè e decise di tornarvi.
Per la prima volta, Lola tornò perché era andata via. Erano crollate le sue certezze.

E finalmente il buio non le faceva più paura.

I passi della notte di Domizia Moramarco
Pubblicazione: “Nel ventre e nell’anima” – Letteratura Alternativa, 2018

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