Una maschera nell’ombra di Marco Ferraris - Letteratura Alternativa

Una maschera nell’ombra di Marco Ferraris

Un’ombra strisciava lungo i muri; la pioggia le incollava i capelli alla nuca, mentre l’aria gelida le attizzava i polmoni a ogni respiro.
Si fermò per riprendere fiato, anche se sapeva di essere in pericolo.
La nebbia, sempre più fitta, aveva avvolto tutto, ma non il rumore dei passi del suo nemico. Smise di respirare per sentire meglio quel rumore; era sempre più vicino. Troppo vicino.
“Coraggio.” Disse tra sé, con la speranza che le bastasse pensare a quella parola per trovare la forza e la follia di proseguire. Più di una volta aveva pensato di arrendersi. Non doveva far altro che togliersi la maschera e lasciare che la malattia penetrasse nel suo corpo, attraverso le vie respiratorie.
“Non mi avrai!” Urlò, scattando di colpo. Non sentiva più le gambe e il cuore sembrava volerle squarciare la gabbia toracica, ma non poteva fermarsi proprio ora.
Accelerò il passo nel tentativo di sfuggire a quel nemico implacabile, ma scivolò e cadde. Si maledì quando sentì la fiala rotolare in terra. Cercò di rialzarsi, sperando che non si fosse rotta e che la cura fosse ancora al sicuro; puntò i piedi per darsi lo slancio e riprendere quella corsa insensata, ma proprio in quell’istante un piede piantato nella sua schiena la obbligò a rimanere con la maschera affondata nel terreno.
“Non riuscirai a vincere! Io…”
“Tu non andrai da nessuna parte.”
L’ombra si morsicò le labbra dalla rabbia. Odiava la voce del suo nemico.
“Io sono più forte di te.” Disse, continuando a dimenarsi. Si sentiva
in trappola ma non poteva arrendersi; non ora che era così vicina al trionfo.
“Di me senz’altro.” Il piede si spostò, permettendole di respirare.
“Ma se noi siamo tutti uniti no. Ti abbiamo dato la caccia per mesi, illudendoci di averti fermata quando ti sei nascosta. È stata una mossa davvero astuta.”
L’ombra si alzò. Non vedeva quasi nulla, a parte gli indistinti contorni della figura che l’aveva catturata.
La sola cosa che distingueva, del suo nemico, era la mascherina che gli copriva naso e
bocca. Avrebbe voluto ricominciare a correre, ma sapeva che questa volta lui non era venuto da solo. Sentiva il loro fiato, il battito irregolare dei loro cuori arrabbiati. E vedeva quelle maledette mascherine sui loro volti. A differenza della sua, che le nascondeva tutto il viso ed era rosso sangue, le loro sembravano inutili pezzi di
stoffa. Era circondata. Non poteva fare altro che prendere tempo, anche se sapeva che ormai non c’era più niente da fare. Scosse la testa con rabbia cercando, inutilmente, di cancellare quell’ultimo pensiero.
“Siete una razza vendicativa, egoista, violenta. Venerate il dio denaro, vi lasciate comandare da persone che sono solo capaci a mettervi gli uni contro gli altri per controllarvi meglio. Sulla Terra non esiste un parassita peggiore dell’essere umano. Meritate tutto ciò che vi è successo.”
Chiuse gli occhi, certa che il suo aguzzino avrebbe risposto con violenza a quell’attacco verbale. Invece, non successe nulla. Quando li riaprì la nebbia si era fatta più densa, la pioggia più fitta; l’aria stava diventando irrespirabile. Provò a incamerarne più che poteva, ma più apriva la bocca e meno ne entrava. Con lo sguardo perso nel
nulla cercò una via di fuga, ma non ne trovò alcuna. Poi cercò la fiala, ormai perduta. Digrignò i denti quando comprese che non aveva più il coltello dalla parte del manico.
Possibile che aveva perso? Possibile che una razza inutile come quella umana fosse stata di nuovo in grado di sconfiggerla? Nel corso della storia le avevano affibbiato tanti nomi: peste, morte nera, spagnola, sars, covid19… Ogni volta aveva mietuto milioni di vittime, ma ogni volta era stata sconfitta. Questa volta credeva di avercela fatta a eliminare quei dannati parassiti. Memore degli errori passati si era nascosta tra le pieghe di una semplice influenza per rivelarsi, poi, in tutta la sua forza. Era riuscita a prendere il nemico alla sprovvista, costringendolo a una sciagurata ritirata. Poi lo aveva illuso di aver imparato come controllarla e lo aveva lasciato tranquillo per qualche mese, ma solo per mutare e tornare più forte di prima. Aveva mietuto di nuovo molte vittime ed era certa che questa sarebbe stata la volta buona. La sua fame era insaziabile. Li avrebbe
eliminati tutti, uno ad uno, liberando la Terra una volta per tutte. Invece…
“Dimmi dove ho sbagliato.” Gridò, con le ultime forze che le erano rimaste. Attorno a lei era tutto grigio. Non sentiva più né il freddo né la pioggia. Si strappò la maschera, l’unica protezione che aveva, rivelando il suo volto butterato. Poi, con lo sguardo carico d’odio, crollò a terra dalla disperazione.
“Non sei tu ad aver sbagliato.”
La voce sembrava giungere da ogni parte circondandola, avvolgendola, soffocandola.
“Siamo noi che siamo diventati più forti.”
“Non è possibile… Voi… Voi siete solo degli sciocchi egoisti…”
“Forse hai ragione. Siamo l’unica razza sulla Terra che uccide i suoi simili per i motivi più stupidi, siamo invidiosi e sappiamo solo lamentarci, ma siamo anche capaci di meravigliosi gesti di altruismo, di ingegno, di amore. Ci hai obbligati a portare una maschera, a staccarci dagli affetti, a isolarci, ci hai fatti sprofondare nella paura di
non farcela, ci hai divisi, ma ancora una volta abbiamo vinto noi.”
L’ombra si coricò a terra, agonizzante. Si voltò, fissando per l’ultima volta il cielo, diventato improvvisamente limpido. Mentre sentiva la vita che l’abbandonava, vide cadere dall’alto una mascherina; poi un’altra e un’altra ancora.
“Tornerò.” Sibilò tra i denti, chiudendo gli occhi certa della propria sconfitta, ormai ricoperta da migliaia di quelle dannate mascherine.
“Lo sappiamo.” Replicò l’uomo.
“Ma noi saremo sempre qui, pronti a sconfiggerti di nuovo.”
Con l’augurio che l’umanità ne esca presto, più forte, più unita e più altruista ma, soprattutto, di nuovo libera.

Il Giardino degli dei” di Marco Ferraris pubblicato con Letteratura Alternativa

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