"Il rito" di Angela Torri - Letteratura Alternativa

“Il rito” di Angela Torri

La maschera giace ai piedi del grande braciere nella sala del tempio,
un oggetto inanimato che solo qualche ora prima coagulava in sè tutta la potenza della dea e della sua sacerdotessa.
Ur, la città stato sulle rive del fiume Eufrate si sta lentamente svegliando.
Sono le prime luci dell’alba, il giardino rigoglioso che custodisce il tempio è inondato di luce rosata, il canto degli uccelli avvolge ogni cosa e tutto è permeato di pace.
Il giorno della cerimonia è giunto. Nel gipar, la residenza della grande sacerdotessa della dea Inanna, le ancelle stanno versando l’acqua nella vasca per le abluzioni della loro signora. Dall’esterno giunge il vocio sommesso degli schiavi che stanno preparando il recinto sacro e l’imponente scala centrale dello ziggurat, dove verranno posizionati i pesanti bracieri in cui fuoco e incensi mescoleranno nell’aria della sera luce danzante e essenze inebrianti.
La sacerdotessa ha trascorso una notte agitata, è turbata da funesti presagi, dal sogno visionario
che corrompe le sue notti da troppo tempo. Le premonizioni sono giunte a lei anche attraverso le voci dei mercanti, Lugalanne di Adab ha sete di gloria, è nelle sue intenzioni estendere il suo dominio in
tutta la Mesopotamia.
Sono voci ancora lontane ma il loro fiato ha già raggiunto il tempio. L’immanente equilibrio del potere religioso da sempre nelle mani delle donne che non aveva mai avuto bisogno dell’investitura degli uomini-re è in pericolo.
Il passaggio sta per compiersi, Enheduanna, colei che scrive versi, la principessa sacerdotessa
ne sente tutto il gravoso peso: un nuovo ordine simbolico dominato dalla spada si sta intromettendo. Teme per la stirpe delle donne coraggiose, oltraggiose e indomite che saranno presto sopraffatte. Arriveranno, rovineranno il sacro luogo e imporranno nuovi rituali.
Non può rimanere inerme e sebbene conscia di non poter arrestare l’inevitabile, ha bisogno delle risposte
della dea, deve farla entrare in lei attraverso il rito della maschera da cui è affascinata e intimorita al tempo stesso.
Tuttavia, per il bene del popolo, farà prima il suo dovere che è anche il suo piacere.
Prenderà la parola in onore dell’antica dea figlia della luna, la omaggerà con i suoi versi e officerà la cerimonia propiziatoria per il raccolto.
Danzando salirà la grande scala centrale al suono sempre più intenso di flauti, cimbali, tamburelli, tra refoli di speziato incenso e porterà sulla sommità del tempio il vaso delle acque fluttuanti.
Al culmine della cerimonia eleverà il potente simbolo della fertilità verso il disco lunare, mentre tutto intorno un riverente silenzio avvolgerà ogni cosa. Compiuta l’azione sacrale il popolo farà festa.
Sarà quello il suo momento, l’occasione per dileguarsi.
Ombra tra le ombre, avvolta in uno scuro scialle che nasconde i colori sgargianti del suo abito coprendole il capo e parte del volto, riesce furtivamente ad eludere le attenzioni dei dignitari.
Strisciando lungo le mura di mattoni raggiunge l’ingresso della sala del tempio, lasciandosi indietro la canea dei festeggiamenti.
La luce calda del braciere al centro della sala crea giochi di ombre che sembrano rincorrersi, l’aria è satura di incenso e fumo.
Nell’oscurità le tre ancelle attendono. Arriva, le lunghe vesti rosse con balze orlate di frange le modellano il corpo sinuoso, i capelli corvini raccolti in trecce ondeggiano.
Arriva, con l’incedere solenne di grande sacerdotessa, nelle sue mani la maschera.
Sommessamente il suono del flauto riempie ogni vuoto intrecciandosi con il ritmo ipnotico delle percussioni la cui intensità aumenta gradualmente ad ogni passo della sacerdotessa che si trasforma presto in danza estatica.
Raggiunto il braciere Enheduanna si arresta, anche la musica ora tace, la maschera nelle sue mani riluce, contiene una forza difficile da controllare, indossata senza precauzione e preparazione si vendica
inesorabilmente con chi la usa con indegnità.
Non si dispone facilmente del suo potere, è come la faccia del sole che non si fa guardare direttamente, i raggi che diffonde sono sì benefici e vitali, ma anche mortali e malefici.
La stessa forza che permette di vedere è anche una forza che può oscurare e accecare. Deve essere prudente come lo è stata le rare volte che ha cercato la dea attraverso la maschera.
La teme ma ne ha bisogno, la indossa e la luce dei suoi bistrati occhi neri si fa spazio attraverso le fessure. La musica riprende, ora accompagna i versi della poetessa rivolti alla dea.
Potenti forze entrano ed escono, aprono passaggi e accessi e dietro la maschera si indovina la potenza della dea. La poetessa la invoca con la parola che si fa verso, musicale rima scritta per lei e per tutte le
donne.
Torna all’origine, ai primordi e la maschera ora rivela, ora nasconde, nell’incessante ritmo a cui Enheduanna si è finalmente abbandonata. Nei flessuosi movimenti della donna, nella forza dei
suoi versi, la potenza divina nella sua inafferrabile natura si rivela e il punto di passaggio tra il visibile e l’invisibile è aperto.
La dea e la sua sacerdotessa sono una nell’altra, compenetrate. Le risposte della dea che cavalca il potere come fuoco rosso giungono: “Il ciclo deve compiersi, il mare prende e la terra dà nell’alternanza del tempo che ci è stato donato … il potere perduto tornerà. Le donne sono belle, ridono, scherzano e si vestono di colori sgargianti, cantano e danzano e la loro ricerca del piacere è di per se una forma di bellezza senza un principio e una fine, in divenire continuo, come la spirale che non ha mai fine. Tutto tornerà!”
La dea ha parlato e la madre del verso scritto dalla chiara voce, esausta si accascia ai piedi del sacro fuoco.
Ora sa…

 

ANGELA TORRI  –  “IL RITO”
Libro pubblicato con LA Edizioni “RICCIASPERSA
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